L’ignoranza come strumento di lavoro- Il teatro prima dello spettacolo

Ogni volta che iniziamo un corso ai partecipanti poniamo sempre la stessa domanda: ⟪Cos’è il teatro?⟫ Le risposte sono innumerevoli: ⟪uno spettacolo, un trasmettere emozioni, un gioco, un rapportarsi all’altro, un dare vita a parole scritte da altri ecc. ecc.⟫. Risposte innumerevoli, tutte risposte giuste. Se si continuasse a definire il teatro per un’intera giornata e oltre si troverebbero milioni di varianti e tutte sarebbero esatte. Questo perché il teatro, rappresentando la vita, è definibile in mille modi. Per noi il teatro nasce quando l’uomo, tornando dalla caccia, nell’era della pre-verbalizzazione, cercava di raccontare alla propria donna, ai propri figli, cosa avesse fatto durante l’arco della giornata: i gesti, i suoni, gli sguardi da lui usati sono teatro. L’uomo ha l’esigenza di raccontarsi e, nel farlo, di creare empatia con chi lo ascolta. Dovunque questo accade, lì c’è un’azione teatrale. È teatro un comizio, è teatro una riunione sindacale, è teatro il rito domenicale della messa, è teatro l’osservare due innamorati che litigano. Se il teatro non è definito come un edificio, esso è in tutto ciò che ci circonda, anche il rapporto dell’uomo con lo spazio in cui vive è teatro. Cosa definisce allora davvero il teatro? Forse l’unica risposta condivisibile e che unisce tutto ciò che abbiamo finora detto, è: la sincerità. Nel teatro come rappresentazione la messa in scena funziona se il pubblico percepisce gli attori sinceri quando si emozionano per ciò che i personaggi vivono in scena. Lo spettacolo più funziona quanto più l’attore “è” il personaggio che rappresenta, quanto più l’attore crea una “sincerità artistica” al personaggio.

La vita di Amleto “è” nel suo presente, l’attore che interpreta il personaggio shakespeariano pur essendo contemporaneo deve farlo vivere nel tempo della rappresentazione, un tempo interno alla messa in scena, non alla realtà dello spettatore.

La credibilità dell’attore, e più in generale la credibilità di ogni forma di comunicazione verbale, è racchiusa nell’hic et nunc, nel qui e ora. La comunicazione verbale è sempre nel presente, non ha passato, non ha futuro. Di più: la parola è sempre espressione e stazione finale di un moto interiore, senza di esso la parola è vuota, finta. Il significato della parola viene recepito dal pubblico, o da chi ascolta, più per il moto interiore che ne è alla base che per ciò che esprime semanticamente. Compito dell’attore, quindi, è far vivere la parola nel presente. Ciò implica soprattutto una cosa: la verbalizzazione non deve riflettere su se stessa, deve nascere spontanea dall’anima di colui che parla. Un oratore parlando a braccio è molto più coinvolgente di colui che legga una relazione. Le parole spontanee ignorano se stesse: questa è la loro forza. Averne memoria, ma dimenticare, non accorgersene, è questo il segreto della sincerità artistica; è questo quello che si intende per ignoranza come strumento di lavoro. 

Se volessimo tentare di spiegare con un esempio ciò che abbiamo appena detto, potremmo dire che la “memoria” della sincerità artistica si costruisce interiormente così come ognuno di noi impara a portare l’auto: attraverso una memoria secondaria che all’apparenza non sembra essere cosciente di sé. Quando si guida un’auto, infatti, più la nostra coscienza primaria riflette su ciò che sta facendo più aumenta il rischio dell’errore, se invece le azioni del corpo mentre accelera, cambia marcia, guarda la strada, vengono fatte attraverso la nostra memoria secondaria si attiva una concentrazione vigile che ci permette di agire in modo subitaneo allorquando un imprevisto si pari sulla nostra strada.

La memoria secondaria, quindi, deve essere colta, accumulare nozioni, conoscere argomenti in maniera approfondita. La memoria primaria, quella con la quale ognuno di noi si presenta all’altro, deve essere una tabula rasa, deve ignorare il contenuto della propria memoria secondaria, più quest’ultimo è radicato nelle persone, più esso emergerà in modo spontaneo: è la profondità del mare che nasconde la bellezza di esso, il nostro occhio viene sedotto dalla superficie.

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